STORY 5
Erika (Argentina):

Quiero decirte que tus personajes apesar de lo sombrío y melancolicos, estan llenos de vida y de secretos, sus ojos guardan cosas magicas y extrañás, sus deformaciones no los vuelven horribles sino bellos, y el personaje de la fotografía me da la sensación de un hombre solo, destrozado por el romanticismo, de razgos duros a causa del trabajo, quizás un extranjero que escapa de cosas que uno jamás sabrá.


STORY 6
bridie knight (from Australia):
There was a man in the news yesterday who was hit by a train when leaving a football match - has no identification. The police believe he may have been drunk or using drugs at the time. Obviously he has multiple internal injuries; broken vertebrae, shoulder and neck dislocation and brain damage. Currently he is in a coma and is not expected to survive but; if he did your drawing made me think that this might be what he would look like once he had recovered as much as he ever could. When I was a young and homeless I once met a man like that, he had suffered extensive physical injuries as a child from beatings that his father had given him (he had a metal plate in his head after having his skull fractured when only 5 years old). Though he was quite intelligent and had the cunning of the street he was incredibly ugly from his battle scars, both physical and emotional, but his strength of will was such that nothing could break his spirit. He was very kind and although he was opportunistic he never took advantage of those who were vulnerable; quite the opposite, he would go out of his way to help the new kids who ended up on the street and try to teach them how to survive. Your man has eyes that remind me of him.

COME BACK<<<

STORY 7
Ilaria (from Italy):
Luca aveva sempre vissuto dicendo di sì¦ perché aveva paura di ferire, perché aveva paura di essere abbandonato. Ma la parte più recondita del suo essere sapeva bene cosa voleva, quella parte giacente nella sua abissale profondità era quella più pura e cristallina del suo essere, anche se in certo qual modo sofferente così sofferente proprio a causa dell’eccessiva bontà e debolezza dell’altra sua metà. Ma in qualche modo sarebbe venuto fuori un giorno un bellissimo e trionfante no!


STORY 8
Dora (from Malta):
John Hughes finished his 24 hour shift at first light early this morning. Wornout and beginning to smell like a wet dog, he shuffled slowly to his old morris minor parked in its' usual corner in damp shipyard. He needed a smoke badly but had none. Then he remembered he had promised his little boy that he would quit. 'Tough love' he thought to himself. 'The things we promise our kids. Still I guess its' a good thing. Perhaps the first positive thing I've done for myself in ages.' Living on a docker's wage was not a childhood dream for John. Still he never had high expections. His dad had left him just when he had needed him most. What followed was no drive, no dreams, no hope. His mum had cried herself to sleep every night for over a year after that. He could still remember her sobbing into her pillow. His words did nothing to console her. So he soon learnt to cope with his own sadness by bloking out her cries with his walkman and riding off with his bike. Thoughts of his own son came back to his mind and warmed his heart. He then reminded himself that he should at least try to do this thing for his boy, his little Matthew - he had to think that today was another day that would bring new hope and new chances. Maybe he'll finally he would be given some recognition and a perhaps payrise. Finally things would turn for the better, things would be less stressful, less painful, less hopeless. After all today was a very special day. A long awaited day, the day he would be going to pick his son up from hospital and take him home to be reunited once again with him and his wife Bridget...


STORY 9
Filippo (from Italy):

E’ molto semplice. La cosa più banale che tu possa trovare nel corridoio d’ingresso d’un appartamento, o di una casa. Non c’è niente di più semplice, in effetti, e di altrettanto spaventoso, nella sua incantevole semplicità.
Quanti gesti futili raccolgono ogni giorno, a pensarci bene… quanto mondo può contenere un singolo riquadro incolore? Ma poi, è davvero incolore? O contiene forse tutti i colori del mondo? No, lo ripeto: non credo esista oggetto altrettanto semplice e terrificante, nelle nostre abitazioni. Ma il suo terrore non è manifesto, semmai il contrario: si cela in profondità – puoi scorgerlo solo se fai attenzione. Lo intravedi sulla patina levigata dal tempo dei tuoi occhi intenti a fissarlo. E se riesci a trovarlo, non sai neanche bene come definire quella strana sensazione. D’accordo, forse terrore è eccessivo, forse si tratta solo di uno… smarrimento totale e sfuggente. Tuttavia, come una bolla nascosta nelle profondità di un stagno, esiste una componente di paura effettiva, in quell’agglomerato d’aria e sedimenti che rimane ancorato al fondo per… quanto? Per cosa? Preferirei non pensarlo, ma credo sia a rischio di staccarsi e fluttuare verso l’alto – in superficie – ogni volta che vi guardiamo attraverso. E quando accadde? Sento attraversarmi la schiena da un brivido ogni volta che ci penso. Dico… non sarà forse la pazzia? Quella bolla, intendo, quando si separa dal fondo e raggiunge la facciata e deflagra portando a galla frammenti di fango vischioso che si stemperano in un nube oscura, viscida, opaca. La pazzia.
Ma di solito non presti molta attenzione a ciò che riflette, vero? Quello che inquadra è un ritaglio di mondo – il tuo mondo – ciò che a te interessa in quel tassello d’esistenza, in quel momento. Dura non più di qualche minuto, e quando sei soddisfatto te ne vai, senza renderti conto che forse sei riuscito a salvarti la vita, a non farti sgretolare l’anima, quella che ogni giorno tieni insieme con tanta fatica.
Eppure il segreto è lì, a poche spanne dal tuo naso, ed è troppo vasto per ragionarci sopra, a ben vedere, perché là, proprio là, oltre lo SPECCHIO – di questo sto parlando – o nel corpo stesso – nell’essenza – dello SPECCHIO, rimangono condensati ogni domanda, ogni dubbio, ogni perplessità, come un vapore che sfiora la superficie di una finestra durante l’inverno. E la cosa sconvolgente non è tanto questo, no, quanto il fatto che assieme a loro, alle domande, ai miliardi di punti interrogativi, puoi sentirci invischiate e mescolate contemporaneamente tutte quante le risposte, le soluzioni dell’enigma.
Osservi il tuo volto e la fetta d’universo che cattura alla tue spalle. L’immagine è perfetta, simmetrica, gemella. Ti sposti e guardi di lato: vedi che altro universo e fotografato là dietro, che lo spazio continua, le dimensioni, identiche, si succedono, e tu non puoi raggiungerle. Dentro a uno specchio c’è l’infinito. Questa è una vertigine e una volta che l’hai provata ti rimane incisa nel cuore come una splendida ferita che non puoi più dimenticare.
E se tutto l’universo è condensato in quel riquadro… se davvero uno spazio così ridotto può inghiottire ogni cosa… allora io cosa sto osservando? Cosa guardo, mi chiedo. Qual’è il vero riflesso? Appoggio una mano sulla fredda superficie e mi domando chi dei due lo stia facendo. Sembra finire tutto lì ma gli occhi ti dicono un’altra cosa. La pelle ti dice una cosa, gli occhi un’altra. Se diventa insopportabile, allora chiudili. E se qualcosa ti rimasto intrappolato fra le palpebre, di quello che hai visto, sentirai come tutto si scompone, come in un ovale possano coesistere infinite dimensioni, come tutto possa ridursi a un buffo scherzo, al riflesso di sé stesso. Come nello sguardo di un bambino possa celarsi il vecchio che sarà; come in quelli di un vecchio conviva il riverbero del bambino che è stato e del tempo andato. Come la vita non sia l’anticamera della morte ma quest’ultima nient’altro che la vita che ogni istante svanisce e si rinnova in sé stessa. Allora anche i numeri, le date, i calendari, perderanno consistenza. Le lancette prenderanno a turbinare impazzite, senza direzione né ritmo finché non si staccheranno e voleranno via e non riuscirai più a seguirle. Finché i confini, che di solito sono una banale, una semplice superficie, non si ridurranno al nulla di un infinito che mastica i dolori e le gioie del mondo senza distinzioni… uno dentro l’altro, uno dentro l’altro, uno dentro l’altro, uno dentro l’altro…
Come due specchi, uno di fronte all’altro.
Forse questo troverai, oltre lo specchio.
Forse non è follia.
Forse è la realtà.

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